sabato 6 febbraio 2010

Questione d'esperienza




Che piaccia o meno, iPad ha scatenato, come già iPhone, la serrata concorrenza del mercato nei confronti di Apple.
La cornice digitale di Cupertino, come i maligni l'hanno definita, pur con tutti i limiti che ci hanno pazientemente evidenziato gli esperti, apre un nuovo, nebuloso, segmento di mercato in cui i principali attori tecnologici hanno intenzione di investire e trarne profitto negli anni a venire.
Se il desktop, infatti, sembra avviato verso un lento declino, l'affare dei dispositivi mobili é in crescita costante e incontra sempre di più il favore del pubblico, ormai avvezzo a fruire dei servizi internet ovunque si trovi.
L'azienda di Jobs, almeno sulla carta, intende ricalcare la strategia vincente di iPhone, con hardware e software dedicato e, soprattuto, un AppStore che garantisca il necessario ecosistema di applicazioni, cruciali per suscitare l'interesse nei consumatori e garantirne la sopravvivenza.
Google, che ormai dilaga in ogni settore ed aveva già ventilato un proprio Tablet, a ridosso della fuga di notizie su iPad, ha pubblicato, proprio qualche giorno fa, un concept video che suggerisce un uso a due mani del fantomatico dispositivo, una caratteristica che fa molto Surface, ma che é assai improbabile su un aggeggio con un display da 10 pollici o giù di lì.



HP, dal canto suo, ha presentato il suo Slate PC, e presto ne arriveranno altri, avvalendosi del nuovo sistema operativo di Redmond che rende, di fatto, il suo prodotto un PC ultraporatile, multitouch, come si conviene oggi, con tutti i pregi, uno sterminato parco di applicazioni (poco conta se del tutto inutili o inadeguate al contesto del prodotto), ma anche tutti i potenziali difetti mutuati da una interfaccia scomoda che a fatica dovrebbe adattarsi alle esigenze di un utente sempre in mobilità.



La guerra continua con il solito snocciolamento di dati tecnici, di presunti vantaggi nell'uso di processori X86 rispetto a chip dedicati allo scopo, la promessa del multitasking, la cui assenza é, per gli addetti ai lavori, il vero tallone d'achille di iPad, come se il successo di iPhone non avesse insegnato nulla.
In effetti, fra tanti tecnicismi, il nocciolo della questione sembra averlo centrato Jim Zemlin, direttore esecutivo di Linux Foundation, che individua proprio in Apple, se non un vero e proprio avversario da battere, senz'altro un termine di paragone con cui fare i conti, per la cura che profonde nel progettare l'esperienza utente nei minimi dettagli.



Perchè, dice Zemlin, se i prodotti di Cupertino godono di crescente favore presso il grande pubblico è anche, e soprattutto, perché sono comodi da usare.
Un concetto, non certo nuovo e già espresso anche su queste pagine virtuali giusto qualche mese fa.
Oltre ogni circuito integrato, in barba alle tecnologie costruttive misurate in nanometri ed a concetti tanto astratti, quanto inafferrabili e incomprensibili, alla maggior parte dei consumatori, Apple é lì a ricordarci che un prodotto tecnologico, non é costituito solo da silicio e transistor, ma deve essere piacevole al tatto (i materiali ricercati), alla vista (il design), deve lasciarsi usare, senza ricordare al suo possessore che si tratta pur sempre di un banale calcolatore (l'interfaccia).
Laddove il mercato e i tecnicismi dei soliti esperti, restringono lo sguardo sui singoli particolari, a Cupertino ci suggeriscono di considerare l'insieme e magari di gustarcelo comodamente seduti in poltrona.



A dispetto degli ingegneri che snocciolano aridi numeri, Jobs si permette di sfogliare la rete o un libro digitale in punta di dita.
Un gesto, emblematico, che riassume, nella sua dirompente semplicità, un futuro effettivamente a portata di mano.
Pardon, di dito.
Zemlin, pur bacchettando Apple, per la politica blindata applicata ai propri prodotti, ammette che in ambito Linux e soprattutto nell'ambito dell'elettronica di consumo, questo equilibrio, fra tecnologia e magia é ancora tenuto in scarsa considerazione, pur riconoscendo a progetti come Moblin o Android il merito di dimostrare che il limite non é tecnico, ma semplicemente culturale/progettuale.
Il patrimonio open source può fare la differenza, dice il direttore di Linux Foundation e costituire una valida concorrenza alla confortevole gabbia dorata di Cupertino.
Parole incoraggianti, cui, speriamo, seguano concreti progetti nel prossimo futuro.

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