martedì 22 giugno 2010

Quali prospettive per il Tablet di Ubuntu?



Non sembrano essercene molte, in realtà, stando a quel che scrive Techthrob.com, mentre stila il solito leit motiv che sta decretando il successo dei prodotti Apple e potrebbe fare anche la fortuna di HP con WebOS, se a Palo Alto riusciranno a controllarne lo sviluppo.
Canonical, scrive l'articolista, è solo una società di software che ha interesse nel piazzare il suo prodotto sul mercato per una vasta gamma di dispositivi, senza curarsi dell'effettiva integrazione fra sistema e hardware, con la conseguenza di un'esperienza utente più deludente rispetto alla concorrenza: interfacce meno funzionali, autonomie più scarse, frustrazione generalizzata.
Non esiste un ecosistema di applicazioni dedicate, ma saranno sempre le solite che possiamo trovare su qualsiasi altra distribuzione, solo ridimensionate nei display dei tablet con tutti i limiti di interfacce pensate per mouse e tastiera.
Manca un vero e proprio controllo di qualità sul software scaricabile dai repository e l'utente medio potrebbe imbattersi in applicazioni mature e stabili, come anche progetti abbandonati o ancora acerbi che non mantengono le promesse.
Infine il nome, Canonical, è pressoché sconosciuto al grande pubblico e nonostante gli sforzi, Ubuntu è ancora identificabile come Linux che non è sinonimo di stile, nè facilità d'uso.
A parte alcune imprecisioni, Canonical è una società di servizi non di software, i punti fissati sono, tutto sommato, condivisibili.
E' abbastanza chiaro che non basta (e non basterà) ridimensionare qui, snellire là, spostare a destra o sinistra un pannello, per ottenere un sistema automaticamente efficiente per questi nuovi aggeggi.

Tuttavia, Mark Shuttleworth & Soci (a responsabilità limitata) non hanno altra scelta, se non quella di mantenere una certa visibilità in ogni settore dell'industria, per continuare a crescere e sperare di portare a casa la pagnotta.
Contrariamente a quanto scrive l'autore, l'obiettivo di Canonical non è vendere Ubuntu (che infatti è gratuito), bensì lucrare sui servizi Ubuntu One, che gravitano attorno al sistema operativo.
Del resto, da diverse release a questa parte, la politica di Ubuntu ha sortito una sfoltita sostanziale alle applicazioni ufficiali in bundle col sistema operativo.
A software molto complesso, come Gimp per esempio, sì è preferito fornire applicazioni essenziali, magari povere di features avanzate, ma in grado di fare bene i pochi, semplici, compiti cui sono delegate: gestire foto, ascoltare musica (e magari acquistarla), montare clip senza troppe pretese, ma anche senza eccessive complicazioni.
Una strategia che ha avuto ripercussione sulle interfacce, generalmente molto semplificate, con bottoni generosi e comandi chiari, sicuramente pensate per il desktop, ma meno complicate da portare su altri dispositivi.
Resta il problema delle terze parti, di un vero e proprio framework di sviluppo per applicazioni dedicate che non esiste, ma è pur vero che, nei piani di Canonical, dovrebbe far capolino un AppStore dove dare la possibilità agli utenti di acquistare il software e che potrebbe ingolosire gli sviluppatori a lavorare su soluzioni dedicate.
Il tempo che ci separa dall'esordio di qualcosa di concreto è ancora abbastanza lontano, l'azienda di Shuttleworth dichiara di aver stretto accordi importanti con Freescale, Texas Instruments e Marvell, ma si parla, comunque, della primavera del prossimo anno e, come spesso accade, la differenza più che numeri e aridi tecnicismi, potrà farla la promozione.
Staremo a vedere come Canonical e i suoi partner sapranno gestire il flusso delle notizie per creare interesse attorno a questi nuovi prodotti.

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