La scorsa settimana Google ha annunciato un sacco di cose: il Nexus S, evoluzione del suo primo smartphone Nexus One, con Android 2.3 Gingerbread, il lancio di un programma di sviluppo per rifinire Chrome OS, il cui debutto dovrebbe arrivare nei primi mesi del 2011 e, infine, Chrome Web Store, il negozio di applicazioni per il proprio sistema operativo e per Chrome, il browser, che secondo le stime di Mountain View ha captato l'interesse di centoventi milioni di utenti, compreso chi scrive.
Visto che tutto il resto è: a)fuori dal budget del sottoscritto, b)superiore alle proprie conoscenze tecniche e informatiche, il nostro interesse si è concentrato sul nuovo appstore, assai meno costoso di un viaggio in California.
Ad una prima occhiata Chrome Web Store non è diverso dalla pagine piene di estensioni che ben conosciamo, anzi, se provate a raggiungerlo da Chrome, il browser, verrete dirottati proprio nella sezione estensioni.
Siccome siamo ostinati, forziamo queste premure che fanno molto Beta 2.0 e tentiamo di toccare con mouse le novità e le potenzialità di questo appstore; così, ad una seconda occhiata, ci rendiamo conto che non è proprio come gli altri, bensì è concepito come una specie di piazza virtuale, un calderone (strutturato) di tutto quel che può tornare utile (o inutile) in termini di produttività, svago, passioni, interessi e via discorrendo.
Su Web Store si mescolano senza distinzione le applicazioni Flash a quelle HTML5, Plant VS Zombie e Google Docs, i servizi di Mountain View e quelli della concorrenza.
Non esiste, in effetti, qualcosa di completamente inedito: molti applicativi sono link che rimandano a pagine web che offrivano già le proprie soluzioni al prezzo di una registrazione da girare agli insersionisti pubblicitari e che adesso possono contare su maggiore visibilità, emerse dal mare magno della rete.
Web Store è un modo per promuovere internet e le sue potenzialità ed indirettamente per promuovere Chrome, browser e OS, che alla rete sono e saranno legati sempre più massicciamente negli anni futuri.
E' anche una nuova metafora di quello che potrebbe diventare la rete fra qualche anno, una frontiera digitale sempre più stretta dall'avanzata di webapp via, via più sofisticate.
Meno fascino della scoperta e più business.
Non siamo il male, recita il motto di Google, ma neanche fessi a ben vedere.
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