giovedì 3 giugno 2010

Windows non abita più a Googleplex



La notizia sarebbe trapelata durante un'intervista rilasciata al Financial Times.
A Mountain View, non avrebbero digerito l'attacco subìto qualche mese fa da parte di hacker cinesi, portato sfruttando una falla di Explorer e l'esodo dal sistema operativo di Redmond sarebbe iniziato all'indomani del fattaccio.
Ai dipendenti viene data la possibilità di scegliere fra Linux o MacOS X, ritenuti meno appetibili per scatenare un attacco informatico.
Gli esperti vedono in questa scelta le avvisaglie di una precisa strategia di Google per smarcarsi da prodotti terzi e preparare il terreno all'adozione di ChromeOS, quando sarà pronto.
Francamente, io non credo.

Così com'è, il chiacchierato sistema del colosso californiano è, perlopiù, un giocattolo, una vetrina per i propri prodotti cloud.
Può andare bene per vendere, non certo per sviluppare i propri servizi.
Ed in fondo, se mai vedrà la luce su qualche aggeggio, è per vendere che è stato pensato.
D'altro canto è altrettanto improbabile che certe dichiarazioni producano nel breve periodo qualche flessione percettibile sui fatturati di Microsoft e Google, in effetti, non avrebbe alcun interesse ad affossare un sistema operativo che permette al 90% degli utenti di fruire dei propri servizi.
In realtà, penso, tali dichiarazioni rientrino in una strategia precisa che vede Mountain View lavorare, lentamente, ai fianchi l'avversario per svuotarlo progressivamente di significato.
Una strategia che parte da lontano e che trova in Google Chrome Frame il suo primo grimaldello, assieme ad Angle, per favorire lo sviluppo di standard aperti contro le tecnologie di Redmond.
E' un fatto, che gli unici vantaggi derivanti dall'uso di Windows, siano lo sfruttamento delle sue tecnologie; proprietarie, fuori da ogni standard e che, proprio grazie alla sua capillare diffusione, hanno legato miliardi di individui a questo prodotto.
Un successo che viene da lontano, quando il mercato dei desktop era frammentato da tanti attori che facevano affari con macchine dai prezzi esorbitanti e l'esplosione del Personal in ogni famiglia era solo la visione di un nerd rampante e occhialuto.
Oggi é diverso.
Il computer, da personale, sta diventando sempre più terminale per fruire dei servizi di rete: è l'era del cloud, di cui Google vuole essere indiscussa protagonista, forte, anche, della grossa preferenza accordata dagli utenti che, quotidianamente, cercano fra le sue pagine, guardano i suoi canali, usano le sue applicazioni remote.
Gli spazi stretti della scrivania stanno cedendo inesorabilmente il posto alle tavolate conviviali e condivise del web, da cui Microsoft non può permettersi di restare fuori.
Se Mountain View non può pensare di affondarla, può, però, spingerla verso l'adozione di standard più aperti, pressare per ottenere maggiore interoperabilità, senza dipendere da tecnologie e brevetti di qualcuno.
Microsoft sembra aver accettato la sfida e risponde con HTML5 e SVG in arrivo su Explorer 9, la cui parola d'ordine vuole essere aderenza agli standard del web, però rilancia con Silverlight perchè, in fondo, di ritagliarsi anche uno spazio esclusivo in rete non se ne può proprio fare a meno, ma è assai probabile che Windows prossimo venturo sarà sensibilmente diverso da quello che conosciamo oggi, forse più aperto, sicuramente meno indispensabile.

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