E' nelle piccole cose che, qualche volta, emergono i dettagli per ricostruire un mosaico.
Quello di Chrome OS, per esempio, presentato lo scorso novembre, fra le perplessità degli addetti ai lavori per via di un approccio quantomeno semplicistico, complice anche l'aspetto modesto, minimale.
Un sistema enigmatico, cui pare stia lavorando qualche grosso nome dell'industria per integrarlo in una linea di prodotti, previsti per l'autunno.
Un sistema di cui non s'è visto ancora granchè e che, a Mountain View, raccontano attraverso brevi comunicati, spesso concernenti nuove funzionalità o piccoli servizi che dovrebbero confluire nel loro OS.
Come Cloud Print, per la stampa remota senza bisogno di driver specifici, NativeClient, che permetterebbe al browser di interpretare applicazioni scritte in codice nativo o il supporto al desktop remoto, annunciato caldo, caldo, qualche giorno fa e che, di fatto, ridimensiona molto la percezione di ChromeOS come mero giocattolo.
Sembra più che mai chiaro, invece, che Google stia tentando di modularizzare fino alle estreme conseguenze il suo prodotto: da semplice terminale in grado di concedere l'accesso al web, ai servizi di intrattenimento, piuttosto che ai social networks ed alle applicazioni, ad una vera e propria piattaforma per la distribuzione dei contenuti, fino a soddisfare le esigenze di un'utenza pro che, invece, potrebbe aver bisogno di far girare applicazioni specifiche per i propri affari.
Tutto solo quando serve, forse gratuito, più probabilmente a pagamento visto che l'appstore, come la patata del famoso spot, tira.
Un plug-in, una estensione e via.
Se SUN (adesso) non fosse Oracle starebbe lì a mangiarsi le mani.
Chrome OS pare, sempre di più, un evoluto terminale dal core libero, e dalle intenzioni lottizzatrici.
Corteggia gli utenti dal lato client e sussurra alle software house che il lato server può essere nuova terra di conquista, con gli strumenti giusti a disposizione.
Un unico sistema che digerisca capra e cavoli, write e word, tuxracer e crysis.
Avesse fortuna, Google arriverebbe (nel tempo) a controllare un flusso di informazioni e contenuti senza eguali, farebbe, anzi, sarebbe la rete, potendo decidere cosa tenere e cosa scartare.
Cingerebbe un recinto, certamente molto ampio, certamente aderente agli standard, ma pur sempre un recinto.
Restare buoni, con certe premesse, sarà difficile.
Quello di Chrome OS, per esempio, presentato lo scorso novembre, fra le perplessità degli addetti ai lavori per via di un approccio quantomeno semplicistico, complice anche l'aspetto modesto, minimale.
Un sistema enigmatico, cui pare stia lavorando qualche grosso nome dell'industria per integrarlo in una linea di prodotti, previsti per l'autunno.
Un sistema di cui non s'è visto ancora granchè e che, a Mountain View, raccontano attraverso brevi comunicati, spesso concernenti nuove funzionalità o piccoli servizi che dovrebbero confluire nel loro OS.
Come Cloud Print, per la stampa remota senza bisogno di driver specifici, NativeClient, che permetterebbe al browser di interpretare applicazioni scritte in codice nativo o il supporto al desktop remoto, annunciato caldo, caldo, qualche giorno fa e che, di fatto, ridimensiona molto la percezione di ChromeOS come mero giocattolo.
Sembra più che mai chiaro, invece, che Google stia tentando di modularizzare fino alle estreme conseguenze il suo prodotto: da semplice terminale in grado di concedere l'accesso al web, ai servizi di intrattenimento, piuttosto che ai social networks ed alle applicazioni, ad una vera e propria piattaforma per la distribuzione dei contenuti, fino a soddisfare le esigenze di un'utenza pro che, invece, potrebbe aver bisogno di far girare applicazioni specifiche per i propri affari.
Tutto solo quando serve, forse gratuito, più probabilmente a pagamento visto che l'appstore, come la patata del famoso spot, tira.
Un plug-in, una estensione e via.
Se SUN (adesso) non fosse Oracle starebbe lì a mangiarsi le mani.
Chrome OS pare, sempre di più, un evoluto terminale dal core libero, e dalle intenzioni lottizzatrici.
Corteggia gli utenti dal lato client e sussurra alle software house che il lato server può essere nuova terra di conquista, con gli strumenti giusti a disposizione.
Un unico sistema che digerisca capra e cavoli, write e word, tuxracer e crysis.
Avesse fortuna, Google arriverebbe (nel tempo) a controllare un flusso di informazioni e contenuti senza eguali, farebbe, anzi, sarebbe la rete, potendo decidere cosa tenere e cosa scartare.
Cingerebbe un recinto, certamente molto ampio, certamente aderente agli standard, ma pur sempre un recinto.
Restare buoni, con certe premesse, sarà difficile.
Nessun commento:
Posta un commento