martedì 10 novembre 2009

La scrivania che cambia: dalle icone alle parole.






[ l'interfaccia di Apple proposta nel Machintosh® del 1984 ]


L'esordio del desktop semantico, proprio con la piccola Mandriva 2010.0, piccola se confrontata coi giganti dell'informatica e della tecnologia, si rivela una occasione interessante per fare una rapida cavalcata alle idee che hanno animano e animano i desktop moderni solo apparentemente immutabili nel corso del tempo.
Se agli albori, in effetti, il concetto di interfaccia grafica rappresentava la necessità di mediare la complessità d'uso di un calcolatore con una metafora che fosse comprensibile ed intuitiva per gli utenti, ecco quindi la rappresentazione, quasi naturale, di una scrivania e di cartelle dove poter conservare i nostri documenti digitali, col passare degli anni, l'uso intensivo e pervasivo dei PC ha posto ulteriori problemi agli utenti che intendono districarsi nell'overdose di contenuti che affollano gli odierni hard disk.
E' un fatto che, anche nel più organizzato dei desktop, è assai difficile districarsi fra cartelle e sottocartelle zeppe di files, di cui spesso ci siamo completamente dimenticati o che stentiamo a ritrovare proprio nel momento in cui ne avremmo bisogno.
Fu così che nel 2004 Google, forte delle sue tecnologie di ricerca e organizzazione delle informazioni, rilasciò la prima beta del suo tool, Desktop Search, per WindowsXP, un software che sarebbe diventato multi piattaforma solo nel 2007 e che, attraverso una indicizzazione del disco rigido, permetteva di recuperare qualsiasi informazione digitando poche, semplici, parole in un campo di ricerca.




[ Google Desktop Search ]

La risposta di Apple all'esigenza non si fece attendere e nel 2005 venne introdotto Spotlight, in Mac OS X che offriva funzionalità assai simili, la possibilità di taggare i propri files con parole significative, ed era integrato al concetto di Cartelle Smart, meta-cartelle, in cui i contenuti venivano raccolti e presentati secondo uno o più criteri definiti dall'utente.



[ Apple Spotlight ]

I tags, vengono introdotti anche in Windows Vista, che riunisce ed integra, nel 2007, i pezzi, con un motore di indicizzazione e ricerca interno al sistema operativo e la possibilità di creare cartelle virtuali, per raggruppare files della stessa specie, che sollevassero l'utente da una rigida e spesso noiosa divisione dei contenuti.
Idea, questa, ripresa ed ampliata anche in Seven.



[ il tool di ricerca integrato negli ultimi prodotti Microsoft ]

Il filo comune che lega queste tecnologie è più o meno sempre lo stesso, permettere all'utente di trovare quello che cerca nel minor tempo possibile.
E' con KDE4, tuttavia, che poco meno di due anni fa, l'idea di organizzazione della scrivania subisce una sterzata interessante, le cui potenzialità possiamo provare con mano solo adesso con la piccola Mandriva 2010.0.
Non è una soluzione definitiva, né implementata in modi particolarmente eleganti, per il momento, ma è un passo importante verso qualcosa di nuovo.



[ Il desktop semantico di KDE 4 ]

Con Nepomuk, l'obiettivo non è più solo la ricerca del contenuto, ma la possibilità di correlarlo secondo logiche proprie dell'utente, un superamento della divisione rigida e/o semplicistica dei files, tantii contenuti diversi legati da un filo conduttore.
Un percorso, o più percorsi di senso, che attraversano i nostri dischi rigidi e ci permettono di correlare non solo i files, ma anche il significato che essi rivestono nella nostra vita: ricordi, interessi, viaggi, eventi, immediatamente disponibili nella loro interezza e trasversalità, grazie, anche qui, al potere delle parole.

Meno verboso, ma non meno interessante, si annuncia, nel prossimo futuro, l'approccio dell'altro grande progetto di desktop open source, GNOME, che con la release 3 e l'adozione di Zeitgeist prova a trasformare lo spazio di lavoro in un diario che tenga traccia delle nostre attività quotidiane.
Da un desktop che puntava prevalentemente all'azione: punta, clicca e lancia, siamo arrivati ad uno che fa dell'organizzazione la sua ragione d'esistere.
Quello che, davvero, bisognerà valutare sarà l'effettivo impatto che questi nuovi paradigmi avranno sulle abitudini degli utenti e come sapranno integrarsi alle nuove interfacce sempre più impegnate ad annullare la distanza fra uomo e macchina.

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