mercoledì 14 luglio 2010

Sarà la fine per internet libero?



Accennammo alla cosa in un post recente, parlando dell'imminenza di NewsPass, il tentativo di Google, per strutturare (e tirar su qualche altro soldino, che male non fa) il flusso di notizie a pagamento, l'ultima trovata degli editori per riuscire a monetizzare maggiormente anche le edizioni online dei propri giornali, finora sostenute in gran parte dalla pubblicità.
Un concetto ripreso da un buon pezzo di ABC news, in cui si sostiene che, lentamente ma sistematicamente, l'industria dell'infotainment stia attuando una strategia per ribaltare la percezione che gli utenti hanno del web, come libera piazza di scambio per notizie, opinioni, intrattenimento.
Youtube, tanto per dire, sta già sperimentando una formula che permetta di noleggiare i contenuti, il Times londinese si prepara ad approntare un paywall per permettere la fruizione delle notizie agli abbonati paganti e sulla stessa lunghezza d'onda si allineano il New York Times, New Yorker e Wired Magazine, il cui prezzo digitale è addirittura uguale all'edizione cartacea.
Stessa sorte potrebbe toccare ad Hulu, che sta pianificando piani di noleggio o abbonamento per la fruizione dei contenuti più popolari.
La chiave di volta di questa lenta (e pare inesorabile) rivoluzione, continua il giornalista, sono i nuovi gadget mobili, ma iPhone e iPad costituirebbero solo la punta di un iceberg, avrebbero semplicemente reso palese quello che era sottotraccia da anni.
Gli utenti dei cellulari, infatti, sanno bene che qualsiasi servizio disponibile per la propria piattaforma ha un prezzo e sono abituati a pagare per qualsiasi cosa.
Chiamate ovviamente, sms, internet, adesso le applicazioni e, in un prossimo futuro, probabilmente, anche le news provenienti dalla rete.
Pagare per l'accesso, prima ancora che per lo sostanza, è assolutamente un buon affare per i distributori che intravedono la possibilità di fermare il saccheggio dei contenuti, un modo per governare nuovamente il flusso di informazioni, sfuggito di mano negli ultimi anni proprio a causa dell'esplosione di iniziative personali, più o meno amatoriali, all'ombra dei grandi poli di informazione.
Una recente statistica dice, infatti, che la maggior parte delle notizie liberamente circolanti in rete è dovuta alla redistribuzione delle stesse da parte di blogger o giornalisti più o meno improvvisati, le cui fonti principali sono, appunto, le edizioni online di periodici o quotidiani.
Se il PC resta nell'immaginario degli individui una specie di scatola magica, i cellulari, oggi intelligenti, (e forse i tablet) riportano i consumatori coi piedi per terra e permettono alle aziende di inquadrare il business nella giusta prospettiva.


Note a margine


La questione non è affatto banale.
Già vi vedo che vi stringete nelle spalle, mentre leggete annoiati, col sorrisetto di chi la sa lunga in fatto di internet.
Per un sito che chiude i cancelli, starete pensando, potrebbero spalancarsene altri dieci che offrono un servizio analogo senza il peso dell'obolo.
Potrebbe essere vero, sempre che il successo di certe iniziative non scateni la serrata competizione degli editori, come è già accaduto con gli appstore, dopo il boom di Apple.
Le notizie, val la pena di ricordare, non sono un film, un gioco oppure un libro, che posso scaricare senza tanti complimenti e godermele in barba a tutto il resto.
Una notizia, infatti, prima di essere tale ha bisogno di essere verificata, bisogna risalire alle fonti, valutarne l'attendibilità.
Un lavoro di costruzione spesso oscuro ai più.
Potrebbe diventare assai difficile (ed economicamente svantaggioso) verificare una intervista o un fatto tempestivamente, come accade oggi, senza godere di un accesso privilegiato alle fonti ed è assai improbabile che un blogger o un giornalista della domenica alzi la cornetta per telefonare all'ufficio stampa di Microsoft, piuttosto che Apple o del Quirinale, per esempio, per avere conferma che il tizio tal dei tali ha detto/fatto proprio quello che lui si appresta a scrivere.
E quand'anche ci riuscisse, bisognerebbe superare un ulteriore grado di scetticismo da parte del lettore che si misura in termini di autorevolezza della testata.
Il rischio, quindi, è che l'informazione, quella seria, approfondita, circostanziata, quella che scuote le opinioni, prima ancora delle coscienze, inizi a viaggiare su una corsia preferenziale, relegando la rete altra, quella che vuole essere libera a tutti i costi, che non bada a bilanci, ricavi e consigli d'amministrazione, a vicoletto tappezzato di volantini e invaso da scarni comunicati d'agenzia.

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