Giusto qualche giorno fa, scrivendo delle occasioni perdute dal software libero, caldeggiavamo un coinvolgimento in prima persona di Sourceforge o di FSF nella realizzazione di un Appstore che promuovesse convintamente tutto il software open source, secondo un modello che riscuote crescente consenso negli utenti.
Una prima risposta sembra giungere da AppStream, annunciato proprio un paio di giorni fa, in Germania, durante un meeting fra i membri delle principali distribuzioni Linux che intenderebbero unificare, sotto una interfaccia comune, le complesse transazioni di installazione e risoluzione delle dipendenze cui è abituato l'utente del pinguino.
I dettagli non sono ancora precisi e delineati, si parla semplicemente di un front-end comune a Packagekit, costruito su Ubuntu Software Center, che dovrebbe interpretare una serie di metadati necessari a scaricare il corretto pacchetto per ogni distribuzione.
Una soluzione più di facciata che di sostanza perchè, a conti fatti, ogni distribuzione manterrebbe il proprio gestore di pacchetti sotto al cofano.
Se lo sforzo è apprezzabile dal punto di vista tecnico, non sembra risolvere una questione ben più pragmatica che è quella della visibilità su scala più vasta, rispetto all'impatto modesto del software libero su una percentuale sensibile di utenti.
Appstream è, anzi dovrebbe diventare, uno strumento pensato ad uso e consumo delle distribuzioni prima ancora che delle applicazioni e, pur incrociando le - vaghe - indicazioni del progetto Bretzn, con aspirazioni multipiattaforma, non è chiaro se avrà un porting anche su sistemi Windows o Mac, che possano candidarlo davvero come marketplace dell'open source, anche nei territori del software proprietario, come qualcuno ha già scritto in rete.
Se così fosse, fra l'altro, non sembra essere stata pianificata nessuna infrastruttura per l'erogazione di eventuali servizi a valore aggiunto.
Non si è parlato, per esempio, di alcun metodo di finanziamento, nè di compenso per quegli sviluppatori che intendessero vendere il proprio lavoro, come succede oggi in qualunque altro appstore.
E', senz'altro, un argomento impopolare quello del denaro, perchè spesso il software libero viene percepito come gratuito ad ogni costo, ma bisognerebbe cominciare ad affrontarlo con maggiore convinzione, e senza il timore di toccare un tabù, se si vuole davvero competere col resto del mondo.
Solo il tempo ci dirà se AppStream resterà soltanto l'ennesima interfaccia o troverà gli stimoli e il coraggio per un salto di qualità: nell'aria c'è una - potenziale - buona idea.
Un po' acerba.
Una prima risposta sembra giungere da AppStream, annunciato proprio un paio di giorni fa, in Germania, durante un meeting fra i membri delle principali distribuzioni Linux che intenderebbero unificare, sotto una interfaccia comune, le complesse transazioni di installazione e risoluzione delle dipendenze cui è abituato l'utente del pinguino.
I dettagli non sono ancora precisi e delineati, si parla semplicemente di un front-end comune a Packagekit, costruito su Ubuntu Software Center, che dovrebbe interpretare una serie di metadati necessari a scaricare il corretto pacchetto per ogni distribuzione.
Una soluzione più di facciata che di sostanza perchè, a conti fatti, ogni distribuzione manterrebbe il proprio gestore di pacchetti sotto al cofano.
Se lo sforzo è apprezzabile dal punto di vista tecnico, non sembra risolvere una questione ben più pragmatica che è quella della visibilità su scala più vasta, rispetto all'impatto modesto del software libero su una percentuale sensibile di utenti.
Appstream è, anzi dovrebbe diventare, uno strumento pensato ad uso e consumo delle distribuzioni prima ancora che delle applicazioni e, pur incrociando le - vaghe - indicazioni del progetto Bretzn, con aspirazioni multipiattaforma, non è chiaro se avrà un porting anche su sistemi Windows o Mac, che possano candidarlo davvero come marketplace dell'open source, anche nei territori del software proprietario, come qualcuno ha già scritto in rete.
Se così fosse, fra l'altro, non sembra essere stata pianificata nessuna infrastruttura per l'erogazione di eventuali servizi a valore aggiunto.
Non si è parlato, per esempio, di alcun metodo di finanziamento, nè di compenso per quegli sviluppatori che intendessero vendere il proprio lavoro, come succede oggi in qualunque altro appstore.
E', senz'altro, un argomento impopolare quello del denaro, perchè spesso il software libero viene percepito come gratuito ad ogni costo, ma bisognerebbe cominciare ad affrontarlo con maggiore convinzione, e senza il timore di toccare un tabù, se si vuole davvero competere col resto del mondo.
Solo il tempo ci dirà se AppStream resterà soltanto l'ennesima interfaccia o troverà gli stimoli e il coraggio per un salto di qualità: nell'aria c'è una - potenziale - buona idea.
Un po' acerba.
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