mercoledì 28 luglio 2010

Jailbreak non è più reato



Lo stabilisce la Biblioteca del Congresso Americano dopo la revisione di una legge federale del 1998 a tutela del diritto d'autore.
Secondo il Copyright Office, infatti, il Jailbreak dei dispositivi Apple non può essere perseguito, perchè non lede in maniera significativa alcun diritto rivendicato dal costruttore.
La proporzione della modifica, sostengono i capoccioni del Congresso, inciderebbe nella proporzione di 1/160.000: 50 byte di codice su circa 8 milioni complessivi.
Questo è quanto riporta il testo ufficiale:

"[...]Computer programs that enable wireless telephone handsets to execute software applications, where circumvention is accomplished for the sole purpose of enabling interoperability of such applications, when they have been lawfully obtained, with computer programs on the telephone handset[...]".

La revisione è, decisamente, una doccia fredda per Cupertino che ha costruito un business estremamente redditizio per i suoi iPhone, iPod e iPad, controllando esclusivamente il mercato delle applicazioni attraverso AppStore.
Cupertino, per bocca di Natalie Kerris, ha commentato che Jailbreak può rendere potenzialmente inaffidabili i prodotti della mela ed è nettamente in contrasto con la politica dell'azienda che intende offrire ai propri clienti la migliore esperienza possibile.
Di fatto, la legge non vieta ad Apple di annullare qualsiasi modifica con un successivo aggiornamento del firmware, quindi non cambierà molto rispetto a quel che accade già, ma chiunque potrebbe pensare di mettere in piedi un Appstore alternativo, senza rischiare di incorrere in sanzioni o denunce, ed entrare in concorrenza diretta.
Già adesso, i prodotti Jailbreakati possono appoggiarsi a Cydia, che ospita parecchie applicazioni di tutti quelli che non si piegano al giogo imposto da Jobs.
Il legislatore non si è fermato solo ad Apple, comunque.
I propietari di cellulari usati potranno rimuovere eventuali protezioni per affidarsi ad altri operatori e la stessa sorte potrebbe toccare ai videogames, per non meglio specificati motivi di sicurezza o nei dvd per esigenze di studio, per esempio.
Il legislatore, almeno quello statunitense, stabilisce un principio importante, quello che i consumatori possono, se lo ritengono opportuno, modificare quanto hanno acquistato, ridimensionando significativamente i paletti, spesso ridicoli, che fin'ora, produttori di svariata natura hanno imposto ai propri clienti.
L'Italia, impelagata in ben altre questioni, resta, come sempre, a guardare.

fonte: OSNews, la Repubblica

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