Discute di brand Aaron Seigo e, sorprendentemente, se la prende con la grande frammentazione delle distribuzioni che, a suo dire, nella serrata concorrenza per conquistarsi i favori degli utenti, finirebbero per indebolire proprio KDE snaturandolo in inutili personalizzazioni.
Microsoft, Google e l'immancabile Coca Cola (tutti, o quasi, emblemi di sviluppo aperto e trasparente, non c'è che dire. NdR) mantengono la loro precisa identità anche nei prodotti di terze parti, riflette Seigo, ma questo non accade per KDE che, invece, avrebbe tutto da guadagnare se mantenesse una sua propria riconoscibilità e coerenza ovunque fosse adottato, instaurando un rapporto di maggiore fiducia nell'utente finale.
"E' necessario aggregare le risorse, piuttosto che farsi la concorrenza in casa", dice Aaron Seigo, se si vuole realmente competere con Microsoft e Apple.
Difficile da sposare, perlomeno in toto, una tesi del genere, perchè se é vero che l'unione può fare la forza, é altrettanto pacifico che KDE non è un prodotto, ma uno strumento, quello che nel gergo industriale è identificabile come semilavorato.
Un ambiente desktop, senza un sistema operativo, non ha senso.
Un kernel può fare a meno di una scrivania luccicante: é difficile sostenere il contrario.
Essere scelti da un distributore per fare prodotto sancisce un riconoscimento del tuo lavoro e può costituire una buona vetrina.
E poi, non è vero che le distribuzioni nascondano KDE dietro un vestito personalizzato: Kubuntu, Mandriva o Suse, tanto per citare le più popolari, non solo se ne servono, ma in alcuni casi ne finanziano lo sviluppo o contribuiscono a vario titolo alla sua crescita.
Seigo dovrebbe capire che, se il desktop del drago raccoglie meno di quello che semina, è piuttosto ridicolo sostenere che le colpe vadano ricercate soltanto in un tema o in un set di icone poco ispirati.
fonte: aseigo blog
Microsoft, Google e l'immancabile Coca Cola (tutti, o quasi, emblemi di sviluppo aperto e trasparente, non c'è che dire. NdR) mantengono la loro precisa identità anche nei prodotti di terze parti, riflette Seigo, ma questo non accade per KDE che, invece, avrebbe tutto da guadagnare se mantenesse una sua propria riconoscibilità e coerenza ovunque fosse adottato, instaurando un rapporto di maggiore fiducia nell'utente finale.
"E' necessario aggregare le risorse, piuttosto che farsi la concorrenza in casa", dice Aaron Seigo, se si vuole realmente competere con Microsoft e Apple.
Difficile da sposare, perlomeno in toto, una tesi del genere, perchè se é vero che l'unione può fare la forza, é altrettanto pacifico che KDE non è un prodotto, ma uno strumento, quello che nel gergo industriale è identificabile come semilavorato.
Un ambiente desktop, senza un sistema operativo, non ha senso.
Un kernel può fare a meno di una scrivania luccicante: é difficile sostenere il contrario.
Essere scelti da un distributore per fare prodotto sancisce un riconoscimento del tuo lavoro e può costituire una buona vetrina.
E poi, non è vero che le distribuzioni nascondano KDE dietro un vestito personalizzato: Kubuntu, Mandriva o Suse, tanto per citare le più popolari, non solo se ne servono, ma in alcuni casi ne finanziano lo sviluppo o contribuiscono a vario titolo alla sua crescita.
Seigo dovrebbe capire che, se il desktop del drago raccoglie meno di quello che semina, è piuttosto ridicolo sostenere che le colpe vadano ricercate soltanto in un tema o in un set di icone poco ispirati.
fonte: aseigo blog
Il problema (che non riguarda solo KDE ma anche Gnome) è IMHO che tanti perdono tempo a compilare e impacchettare la stessa roba per distro differenti, senza mai contribuire con una sola riga di codice.
RispondiEliminaGli sviluppatori di pclinuxos e delle tante "piccole" distro basate su KDE cosa aggiungono al panorama? prendono KDE, mettono un tema, qualche programma (sperando che siano coerenti con l'ambiente QT). Tutto finisce su un cd che sarà scaricato e usato da 4 gatti. Se perdessero questo tempo per fixare qualche bug, sviluppare nuovo codice ecc sarebbe una scelta più logica.
Le tecnologie hanno successo anche dove non c'è un forte senso del Brand: Google insegna con Android, rimarchiato, mascherato, personalizzato dai vari produttori ma cmq sempre android.
Non è che abbia torto... Lasciando stare i paragoni con Apple, Microsoft e schifezze varie, forse nel mondo di Linux (di cui orgogliosamente faccio parte) si dovrebbe pensare prima di tutto a migliorare e completare i prodotti esistenti, anziché crearsi ognuno la propria nullità in nome della "libertà di scelta"
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